Passione, sensibilità, cura: Vite di donne

Il Vinarello di Maurizia Gentili dedicato a Vite di donne

“(…) mentre camminavo per una strada di Montescaglioso una donna di oltre settantanni, che lavorava una coperta sulla porta di casa, mi chiama e dice “Dove vai così carica, che vai cercando?”. Io rispondo “Vado cercando favole, fatti antichi”. “E fermati che te ne dico uno io”. Così mi fermo, entriamo in casa, piena di nipoti (ce n’ha 45: oltre a quelli di Montescaglioso, ne ha in America, in Svizzera). Appena mi siedo, comincia a dire “Sono una donna di Montescaglioso, posseggo diciotto figli, dieci viventi e otto morti. Voglio mandare una lettera a Leone…”. E mi racconta la sua vita straziata.
(Da un diario di campo di Aurora Milillo, luglio 1976)

 Ecco, partecipare a “Vite di donne” (che ho presentato in questo post) è stato così per me, come descrive bene Aurora Milillo, una nostra grande studiosa di storia delle tradizioni popolari. Sono arrivata sicuramente carica dalle troppe nozioni accademiche, ma poi è bastato iniziare la tavola rotonda, per lasciarsi sedurre dalle parole delle protagoniste; vignaiole e comunicatrici del vino.
Perché chi non sa osservare non sa conversare.

Alla tavola rotonda hanno partecipato le aziende:
Manaresi (Donatella Agostoni)
Lusenti (Ludovica Lusenti)
Martilde (Antonella Tacci)
Tenuta Casteani (Samantha Vitaletti)
Le Casalte (Chiara Barioffi)
Agricola I Fabbri (Susanna Grassi)
Carolina Gatti (Carolina Gatti)
Cantine del Castello Conti (Elena e Paola Conti)
Grifalco (Cecilia Naldoni Piccin)
Agricole Pietraventosa (Marianna Annio)
Vini Marta Valpiani (Elisa Mazzavillani) 

Ascoltare i loro racconti, veder nascere, piano piano, una perfetta armonia, penso sia stata una delle soddisfazioni più grandi, per me ma anche per loro stesse. Tra giri di microfono, ci si è confidate, confrontate, aiutate a far fronte a quel mondo del vino, a quell’essere agricole, che troppo spesso oggi viene illustrato come un’isola felice, senza fatica, un po’ alla Mulino Bianco per intenderci.

Fare il vino è bellissimo, specie per chi ha scelto di farlo, per passione, per amore del proprio territorio, ma non è facile, non è scevro da difficoltà. Difficoltà che in questo caso sono più intense, perché una donna è insieme madre, figlia, sorella, moglie, amica e ognuna di queste vesti comporta altro tempo da impiegare oltre quello trascorso in vigna e in cantina.

Una delle etichette create per l’occasione da Cassandra Wainhouse

Così, grazie a questa lunga chiacchierata, sono riuscita a capire un po’ di più le trasformazioni affrontate dalla figura della donna contadina in questi ultimi cento anniE’ sicuramente ancora l’anello forte testimoniato da Nuto Revelli, in grado di dare speranza e rinnovamento al mondo della campagna, proprio grazie alla sua capacità di essere flessibile al cambiamento, pronta a riceverlo, e a mediare l’antico con il nuovo.
Ecco perché a Vite di donne le protagoniste sono state le vignaiole e il vino è passato in secondo piano, ci interessava trasmettere le loro storie, che per forza di cose, poi passano a dare corpo ai loro vini. Abbiamo finito la tavola rotonda con la voglia di rivederci per parlare ancora, quasi sorprese, deliziate, di quanto detto, arricchite dal confronto reciproco. E’ spettacolare la capacità di fare gruppo delle donne.

Così, una volta tornate a casa, abbiamo cominciato subito a scriverci, per rinsaldare il legame creatosi, per continuare il dialogo. Alcuni stralci di questa corrispondenza voglio condividerli con voi, per riuscire a farvi partecipi della loro vitalità e forza. Iniziamo da Antonella Tacci:

Carissime, volevo ringraziare Arianna e tutte quante dell’incontro, che è stato tanto insolito quanto piacevole. Ascoltare i diversi pensieri e considerazioni di ognuna, in quel bellissimo angolo verde, si è rivelato un’esperienza diversa e interessante. tra tante differenti realtà, molti punti in comune.
Anche se è difficile esprimersi in pubblico (specie per me) e trovare cose significative da dire in poco tempo e parole, credo e spero si sia riuscite a comunicare un qualcosa di quello che è la nostra vita e il perché di certe scelte. Molti aspetti sono rimasti fuori, ma questo lascerà spazio per futuri approfondimenti, collaborazioni e incontri amichevoli […].

E poi la vulcanica Carolina Gatti:

[…]Sento di dover scrivere qualcosa sulla giornata di sabato che mi ha resta estremamente felice: è stata proprio la giornata che mi ero immaginata, che pensavo.
Vedere l’impegno di chi ha organizzato in maniera davvero bella e familiare il tutto, vedere la cura dei tavoli, delle foto, delle nostre descrizioni mi ha fatto un immenso piacere, come mi ha entusiasmato la tavola rotonda dove credo si sia condiviso molto. 
Sempre più mi rendo conto che il mondo del vino deve ritrovare la sua semplicità e lasciarsi alle spalle fuffe ed orpelli per ritornare all’essenzialità. Mi rendo conto che essere “social” è importante se una persona vuole una visibilità, però a che prezzo? Che senso ha “distrarsi” per far sapere a tutto il mondo che stiamo facendo questo o quello, che la nostra vita ruota tutta attorno al vino…come se non lo sapessero…. io credo che serva altro, questo “stato” mi sta stretto.
Sicuramente più situazioni come quella di sabato servirebbero eccome per fare squadra tra noi femmine con le palle, perchè timidezza o no, abbiamo due palle quadre per stare in questo mondo dove il maschio sembra che ne sappia una sempre in più, dove ci guardano come degli ufo se facciamo semplicemente il nostro lavoro, con passione, gioia, fatica e sudore. Ho voluto essere maschia nel mio intervento perchè la gente deve rendersi conto che non siamo principesse che lavorano la terra, madame del badile, ma donne appassionate. Sia che siamo la parte commerciale e burocratica, sia che siamo la parte più agricola. Perchè fare agricoltura in maniera etica e seria in questo momento è davvero roba da gente con le palle, gente che non deve seguire la moda del vino fatto così o cosà, ma deve credere nell’unicità del suo vino e del suo territorio. È faticoso lo so, però le soddisfazioni sono impagabili, almeno per me. Dopo questo pappardello desidero ringraziarvi tutte per aver condiviso con me, tra noi, la vostra vita, le vostre scelte.

E Ludovica Lusenti:

[…]Ho finalmente visto e sentito cose che provengono da una vera passione per la terra, mi sono sentita parte dei vostri pensieri e delle vostre incertezze, la forza di chi ogni giorno si arrotola le maniche della camicia e va nella vigna e poi in ufficio e da un cliente..donne che non si arrendono mai!! sono felice di avere conosciuto tutte VOI!!

Chiara Barioffi:

[…] Sono riuscita a rilassarmi completamente e ad essere me stessa, parlando di ciò che mi coinvolge completamente e che e’ la mia vita. Fa bene vedere che non si è sole nell’aver scelto un percorso diverso e fa benissimo accorgersi che i problemi da affrontare sono gli stessi per tutte, che la passione per ciò che facciamo ci unisce. Questa passione e’ la nostra forza, il filo che ci unisce.

E infine, Elena e Paola Conti:

[…] Un rientro davvero impegnativo, ma arricchito da una condivisione che è andata oltre lo scambio di esperienze professionali, in una sorellanza d’intenti sostanziosa, capace di nutrire in profondità. Succede quando si sta con persone vere e con voi questa sensazione si è amplificata, stimolando e ravvivando il flusso creativo che ossigena e fertilizza ogni cosa sul suo cammino: idee, sguardi, intuizioni, parole, silenzi. Per questo ci auguriamo si possa replicare l’incontro, per riprendere il filo di un discorso su tematiche che hanno in comune quel processo di cura costante e profondo, che ogni giorno ci troviamo ad affrontare a contatto diretto con la terra, in cantina, nelle relazioni esterne. Un processo di cura potenzialmente inscritto nel nostro dna di donne, che nello specifico ruolo di vignaiole, intreccia la vite con la vita stessa, dove coraggio, libertà,  passione, tenacia, pazienza, rispetto, essenzialità…, non sono mai parole astratte o abusate. Ne è stata la dimostrazione lo scambio di riflessioni puntuali nelle quali ogni parola corrispondeva a vita vissuta nella concretezza di chi, come a scritto Lodovica, “si arrotola le maniche della camicia e inizia la sua giornata lavorativa”. Condividiamo completamente ciò che ha ben sottolineato Natascia, “la forza viva e creatrice del Femminile si esprime al meglio nel lavoro quotidiano a contatto con la terra e la generazione del proprio vino, la donna viene accompagnata in un percorso di conoscenza e di profondità a contatto con la propria anima e la vera se stessa.”
E’ questo percorso evolutivo, non a caso insito nella simbologia della vite, che ci porta a vincere le tante fatiche quotidiane e difficoltà, nella difesa di un lavoro che continua ad essere “privilegiato” perché ti costringe a fare “i conti” con te stessa (per noi sorelle col rischio di cadere nella tautologia.
Ecco allora che l’interpretazione della parola libertà, in conflitto con i tanti vincoli in cui ci sentiamo segregate (burocratici, fisici, economici, familiari…) diventa una libertà dello spirito nella quale risvegliare quella parte viscerale, “selvatica”, che ognuna di noi sa di avere e che si manifesta potentemente ogni volta che ci si libera dai condizionamenti, che si seguono i propri istinti sgretolando stereotipi e pregiudizi. Carolina, nel suo intervento finale, ce ne ha fatto percepire tutta la sua potenza dirompente!!

Uno scatto durante la tavola rotonda (foto di Elisa Mazzavillani)

Mi fermo qui, convinta di essere riuscita a trasmettervi la portata della scelta di tutte queste donne: tornare alla terra. Le loro storie non hanno nulla di trionfalistico, sono semplici, esemplari, e possono aiutarci a intravedere il domani, semplicemente con l’umiltà di promuovere una vita etica, dando riconoscimento a ciò che ci trascende.

Al prossimo anno, quindi, per la seconda edizione di Vite di donne!

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