E’ di qualche mese fa la notizia della messa in onda della prima campagna pubblicitaria dell’azienda statunitense Impossible Foods, specializzata in un particolare tipo di carne vegetale (come vedremo). L’evento ha aperto tutta una serie di considerazioni e riflessioni visto che questa azienda sta contribuendo a ridisegnare, o quanto meno a problematizzare, il concetto di carne: cosa è – e cosa non è – oggi questo alimento?
Uno dei tre video, ideati per la pubblicità di Impossible Foods, ci mostra una serie di hamburger che sfrigolano sulla piastra, con o senza formaggio, per essere poi posti all’interno di un panino, mentre una calda voce maschile dichiara il suo amore per la carne, in tutte le sue varianti. E solo alla fine dello spot che scopriamo- sorpresa! – grazie un’inquadratura ad hoc – che non è manzo quello che ha sfrigolato fino a qualche minuto prima bensì carne vegetale, con tanto di etichetta “Made from plants” apposta, in chiusura dello spot, sulla confezione di macinato.
Tutti e tre gli spot solleticano abilmente i nostri istinti carnivori per poi sorprenderci nel finale con la verità: la carne che si è appena guardata e fatta di piante. L’iper-realismo dell’imitazione della carne di “we are meat” (questo è il nome della campagna pubblicitaria) è il punto di forza dell’azienda, e dei suoi prodotti, non solo questa sembra proprio carne, ma anche il sapore è molto simile all’alimento che imita. Questi hamburger sono così realistici – suggerisce la pubblicità – che potresti infilarli in un Big Mac e nessuno se ne accorgerebbe, fan ed estimatori del mitico panino compresi.
Il problema non nasce tanto dal gesto di ingannare brevemente gli spettatori facendo loro credere che stanno guardando carne animale, quanto dal fatto che che Impossible Foods suggerisca, a chi guarda, che i suoi prodotti sono in realtà carne, non carne finta, non un’alternativa a base vegetale: ma vera carne.
Negli Usa ci si incomincia a chiedere quali parole usare per descrivere questi prodotti proteici che non rientrano in nessuna delle categorie alimentari tradizionali. Sostanzialmente a livello legale (nella tutela dei consumatori) non esistono ancora norme che ne regolino il mercato.
Intervistata in merito, Rachel Konrad – una portavoce di Impossible Food – ha replicato che l’azienda ritiene che la sua carne si possa qualificare come vera carne.
“Anatomicamente, molecola per molecola, il nostro prodotto – e il nostro in maniera univoca – ha l’ingrediente segreto che la rende carne vera”.
Un’affermazione forte, che fa riferimento alla leghemoglobina, la molecola che ha fatto fare il salto di qualità all’azienda, e che consente ai suoi hamburger di “sanguinare” come quelli veri, conferendo loro quel retrogusto ferroso simile a quello della carne. Il colore rosso nel sangue dell’uomo è dato dall’emoglobina, proteina del gruppo delle proteine chiamate “eme” che fissano il ferro e regolano gli scambi con l’ossigeno, negli animali e in alcune piante vi sono molecole del tutto simili, che esercitano la stessa funzione . In virtù di questo i ricercatori di Impossible Foods hanno pensato di inserire una forma di emoglobina vegetale, quella della soia, detta appunto leghemoglobina, nei loro surrogati vegetali. Per averne quantità sufficienti per le migliaia di ristoranti che ormai devono accontentare e per il recente arrivo nei supermercati, hanno dovuto accelerare la sintesi e ricorrere a fabbriche biologiche come i lieviti, nei quali hanno inserito il gene specifico della leghemoglobina per ottenere quantità enormi in poco tempo. Hanno cioè fatto ricorso a un’operazione che sfrutta al meglio le potenzialità tecnologiche della modificazione genetica. Tutto questo non viene ricordato spesso, perché l’aura che gli esperti di marketing sono riusciti a dare agli Impossible burger e ai loro simili è quella di prodotti sani, sanissimi, e soprattutto, in qualche modo, naturali. Al contrario, sono oggetti ottenuti con alcune delle più sofisticate tecnologie alimentari oggi conosciute (spiegazione presa pari pari dal libro di Agnese Codignola, recensito qui.
E’ questo che rende così sicura la Konrad tanto da portarla a dichiarare: “Qualsiasi parte di noi che ha bisogno di trasportare ossigeno, come i nostri muscoli, richiede grandi quantità di eme. Poiché questo è onnipresente in quanto si trova in ogni cosa vivente, comprese le piante, ci sono modi in cui possiamo ottenere l’eme da fonti naturali a base vegetale. Se lo aggiungiamo a un convincente analogo di un hamburger di carne macinata, allora abbiamo la formula segreta per la carne stessa. Quindi funzionalmente, molecolarmente, questa è carne”.
È un argomento convincente. Se un alimento assomiglia alla carne a livello molecolare, può essere semplicemente chiamato “carne“, indipendentemente dalla sua origine?
Le aziende di proteine alternative stanno cercando di cambiare il concetto di carne, vogliono convincerci che la loro “carne” è identica alla carne animale quando si tratta di gusto, consistenza e aspetto, ma vogliono anche sottolineare le differenze significative dei loro prodotti. Non vogliono che l’illusione sia totale. Ciò significherebbe rinunciare al loro principale vantaggio competitivo: il fatto che la carne alternativa arrivi da noi senza macellazione.
Questa fondamentale dualità pervade tutto il marketing di Impossible. L’azienda vuole farci credere che il suo prodotto sia letteralmente carne, ma non la carne con la quale siamo cresciuti.
La campagna “We Are Meat” non sta cercando di ingannarti nel pensare che Impossible Burger sia carne. Sta cercando di convincerti che lo è.
“Abbiamo il gusto, lo sfrigolio, la succosità, tutto quel tipo di cose che di solito associamo alla carne – continua la Konrad – Eppure, allo stesso tempo, non abbiamo gli ovvi aspetti negativi della carne macinata di manzo, come il colesterolo, gli ormoni, i grassi trans, cartilagini, e il fatto che sia prodotta dalla carcassa macinata di un mammifero. Non abbiamo niente di tutto questo”.
La campagna “We Are Meat”, quindi, non sta cercando di ingannarci nel pensare che l’Impossibile Burger sia carne. Sta cercando di convincerti che lo è. È una distinzione sottile, ma è importante. Invece di cercare semplicemente di spacciare carne alternativa come “vera”, l’azienda ci chiede di espandere il nostro concetto di cosa possa essere “carne“. Mette in primo piano la sorprendente contraddizione del prodotto – “carne, fatta con le piante” – e ci chiede di riflettere se è davvero una tale contraddizione, dopo tutto.
È una strategia sfacciata, provocatoria e particolarmente adatta alla TV. Le pubblicità raccontano una storia con un inizio, una parte centrale e una fine. Questa struttura offre l’opportunità di iniziare con un presupposto e un trucco visivo e terminare con un messaggio o un riallineamento potenzialmente radicale di ciò che pensiamo di sapere. Una strategia efficace e multipotenziale per un prodotto che è tante cose insieme.
E in Europa come procede l’avanzata di questi prodotti?
La situazione da noi è più difficile per questa azienda in particolar modo perché la normativa europea in materia alimentare limita molto l’utilizzo degli OGM e l’eme, per la sua lavorazione, come descritto precedentemente, è a tutti gli effetti un OGM.
Per evitare problemi con le restrittive leggi europee Impossible Foods avrebbe dovuto riformulare i suoi prodotti, rinunciando all’eme che caratterizza e identifica l’azienda. In virtù di questo l’azienda sta procedendo chiedendo l’autorizzazione all’utilizzo di questo particolare additivo.
La particolare situazione di Impossible Foods apre però una riflessione molto importante anche sui Novel Foods, ovvero alimenti innovativi e di nuova concezione prodotti utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione, nonché alimenti che sono o sono stati tradizionalmente consumati al di fuori della Comunità Europea. Nel 15 maggio 1997 esce il primo regolamento comunitario che li disciplina, che li obbliga a essere:
• Sicuri per i consumatori;
• Adeguatamente etichettati, per non trarre in inganno i consumatori;
• Se un nuovo alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non deve differire in modo tale che il suo consumo sia svantaggioso dal punto di vista nutrizionale per il consumatore.
E’ necessaria l’autorizzazione preventiva all’immissione in commercio di Novel Foods sulla base di una valutazione in linea con i principi sopra indicati (come sta infatti procedendo Impossible Foods e ogni altra azienda del settore che vuole commercializzare in Europa).
Stanno “nascendo” quindi nuovi alimenti, non si tratta più di un meat sounding o fish sounding (eh già, anche i prodotti ittici sono coinvolti), questi alimenti rivendicano una denominazione al pari del cibo di cui ambiscono la posizione… Voi che ne pensate?
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