Non so bene come ho fatto, ma ho scritto un libro, e precisamente un libro sull’archeologia e l’antropologia del pane. A essere precisa so bene come ho fatto, e il silenzio che per questo tempo ha caratterizzato il blog ne è un risultato, ma se mi guardo indietro in questi 10 mesi e più di ricerca, studio e scrittura ancora non ci credo che sia finito. In questi giorni sto curando la revisione del testo con l’editore ma presto (per metà maggio) avrò la data certa nella quale potrò tenere il frutto dei miei sforzi tra le mani. E’ una sensazione strana, tra l’incredulità, lo stupore e la gioia.
Sapevo, da quanto avevo letto da altri scrittori (ma di romanzi), che scrivere è una fatica nera. Ti toglie il sonno, il tempo, la socialità… è un’amante crudele la scrittura: non fa prigionieri. Si fa amare o odiare con la stessa intensità… eppure tutte quelle ore in biblioteca, a leggere, studiare…tradurre, verificare le fonti, farle dialogare, prendere appunti, piano piano si sono trasformati in un libro. E se anche so come ho fatto (o non fatto), in realtà ho chiaro perché ho scelto come argomento il pane, la sua storia e la sua simbologia.
Non mi ritengo una storica dell’alimentazione, ci sono colleghi più bravi di me in questo ambito, quello che mi interessava era proporre una riflessione su uno degli alimenti più trasversali della cultura del cibo, nel tempo e nelle società. Il pane diventa così griglia interpretativa, e pretesto per studiare le connotazioni simboliche e comprendere le attuali tendenze culturali legate al cibo e al mangiare in generale, preziose indicazioni per fare chiarezza sugli scenari più ampi del cambiamento culturale contemporaneo.
Questo perché il pane è un alimento che oggi sembra essere centrale nel configurare abitudini, esperienze e visioni del mondo, cosa che lo rende quindi particolarmente adatto allo studio delle tendenze del cibo e della società in generale.
Il fatto è che nel contesto mediterraneo (area geografica di riferimento del libro) questo alimento è stato percepito come “il” cibo per eccellenza, fondamentale per la vita (così come in civiltà lontane dalla nostra, per colture di base, lo sono stati riso, mais, tuberi). Non è un caso che il pane abbia costituito fin dalle prime fasi dell’Epipaleolitico (10.000 anni fa – 8000 a.C.) il principale alimento base, e che per gran parte della storia, quando le persone lottavano quotidianamente per nutrirsi, esse guardavano al pane come riferimento alimentare, tanto che molti studiosi definirebbero la civiltà contadina tradizionale come “civiltà del pane”.
Il mio viaggio nella simbologia e nella storia del pane parte proprio da 19.000 anni fa – con i primi resti di panificazione archeologicamente attestati – fino ad approdare, in una sorta di stratigrafia culturale, semiotica e materiale, alla civiltà contadina mediterranea, dove il pane ha forgiato i cicli della vita e del calendario agricolo.
Mi era impossibile, e non era comunque nel mio intento, illustrare l’immenso patrimonio immateriale e materiale di questo alimento. Avevo a cuore – e spero di esserci riuscita – di evidenziare il PERCHÉ’ il pane abbia riassunto in sé una tale ricchezza di simboli, riti, miti e forme materiali che ancora oggi (nonostante le sue sventure dietetiche) ce lo fanno amare e scegliere, specialmente in tempi di crisi e di riattualizzazione della tradizione.
Il libro sarà in libreria a maggio, edito dalla Express Edizioni, presto comunicherò a tutti voi la data precisa di uscita e la copertina definitiva… Inutile dirvi che sono emozionatissima.
P.s. Scrivere è veramente faticosissimo, ma questo libro mi ha permesso di conoscere, intrecciare rapporti di ricerca e di amicizia con tantissimi studiosi; italiani e stranieri. Anche solo questo vale tutta la fatica del caso, perché ho conosciuto persone straordinarie e generose, nello studio e nella vita.
No Replies to "Perché un mio libro sul pane?"