I benefici nel cucinare i prodotti da forno, o direttamente panificare, non sono solo materia di chef e amatori, ma sono anche un’arte studiata dagli psicologi, perché?
In parte lo avevo già osservato con il primo lockdown; durante la pandemia c’è stata una vera e propria… Epidemia di panificazione! Nei supermercati farina e lievito erano diventati introvabili, e in parte ho spiegato nell’articolo linkato poco sopra il perché. Incuriosita ho voluto quindi approfondire questo aspetto già affrontato solo parzialmente nel mio libro.
Siamo fatti di rituali, e il pane, e la cucina in generale, ne fanno parte.
La panificazione, l’utilizzo del forno, hanno scandito parte della nostra storia culturale e biologica. Le esperienze rituali condivise e legate alle tradizioni alimentari come le feste, il lutto o qualsiasi altra scansione temporale legata al calendario agricolo o al ciclo della vita umana, sono un collante che ci lega ai nostri affetti, alle nostre emozioni, alla nostra comunità e alla società intera.
Ecco perché i rituali hanno la capacità di confortarci e aumentare il nostro benessere mentale, ed ecco perché nei momenti stressanti della nostra vita, alcuni di noi, sentono l’esigenza di mettere le mani in pasta.
Cucinare prodotti da forno, specialmente quando è fatto per gli altri, è un’attività dai forti benefici psicologici. A confermarlo è la dottoressa Donna Pincus, professoressa di psicologia alla Boston University. “C’è molta letteratura sulla connessione tra l’espressione creativa e il benessere generale. Che si tratti di dipingere o fare musica (o cuocere), c’è un sollievo dallo stress che le persone ottengono dall’avere una sorta di sfogo e un modo per esprimersi“. La studiosa , inoltre, sottolinea come cucinare per altre persone possa essere un modo per comunicare i propri sentimenti. E’ in questa ultima modalità che possiamo comprendere due atteggiamenti particolari; quello che prevede l’usanza di portare da mangiare alle persone in lutto e quello di preparare un cena, o un dolce fatto da noi, quando siamo innamorati o sentiamo un grande affetto per una persona. E’ un modo delicato e profondo per riuscire a comunicare i nostri sentimenti quando si ha una difficoltà diretta nell’esprimerli.
Cucinare per gli altri è anche una forma di consapevolezza, perché richiede concentrazione e controllo. Ancora una volta la Pincus è molto chiara in merito “La cottura richiede molta attenzione. Devi misurare, concentrarti fisicamente sullo stendere la pasta. Se ci si sta concentrando sull’olfatto e sul gusto, sull’essere presenti con ciò che si sta creando, quell’atto di consapevolezza in quel momento presente può anche avere un risultato nella riduzione dello stress“.
Questo spiega come mai accanto all’arte terapia, si vedono crescere sempre più realtà come Culinary Art Therapy, dove cucinare serve ad applicare quella che viene definita attivazione comportamentale, una tecnica che ha l’obiettivo di incrementare la consapevolezza che vi sono attività piacevoli in cui coinvolgersi, favorendo le interazioni positive con il proprio ambiente di vita e coadiuvando la cura a forme di depressione e altre patologie psicologiche.
Preparare prodotti da forno è pensare passo dopo passo, è seguire il qui e ora, ma è anche pensare alla ricetta nel suo insieme, al piatto nel suo insieme, cosa se ne farà, a chi andrà, a che ora lo si andrà a consumare, quindi cucinare è davvero un buon modo per sviluppare la consapevolezza del momento in un contesto più ampio di quello vissuto nel disagio della malattia, così la pensa Julie Ohana, a capo di Culinary art Therapy.
Non si tratta solo di avere più consapevolezza da padroneggiare, ma cucinare al forno può anche aiutare ad alleviare la presenza di pensieri tristi.
La professoressa Pincus sostiene che quando si è consapevoli – come quando si cucina – non si sta passando il tempo a rimuginare sui pensieri, e sappiamo che la rimuginazione porti alla depressione e ai pensieri tristi. Ma se si sta facendo qualcosa di produttivo come panificare, alla fine si ha anche una ricompensa tangibile per sé e per gli altri (a chi non piace una bella pagnotta fragrante o un dolce appena sfornato?).
Panificare, come accennato, è anche una forma di altruismo. Il senso del cucinare è l’atto stesso del dare. Mentre il processo di cottura può contribuire a un generale senso di benessere, dare amplifica quella sensazione. “Cucinare per gli altri può aumentare una sensazione di benessere, contribuire ad alleviare lo stress e far sentire come se si avesse fatto qualcosa di buono per il mondo, il che forse aumenta il significato nella vita e la connessione con le altre persone“, sostiene la Pincus.
Preparare prodotti da forno con l’intenzione di offrirli è una forma di altruismo ― è un sacrificio che si fa per qualcun altro (di tempo e risorse, per esempio), e i benefici di questo atto disinteressato sono stati ampiamente studiati e descritti.
Chiudo questo post con una riflessione della terapista Julie Ohana: “Penso che offrire cibo a qualcun altro sia un conforto tanto per la persona che riceve quanto per la persona che lo sta servendo e offrendo“.
Studiando il pane, e il suo contesto storico e culturale, mai come adesso questa chiave di lettura ha valore.
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