Ci sono connessioni dinamiche fra le nostre predilizioni culinarie, i nostri geni, le diete dei nostri antenati e i luoghi che le nostre culture ancestrali hanno eletto come “casa”? Una domanda importante, che troppo spesso non si pongono i cultori dell’alimentazione, tralasciando che ogni singola cucina riflette la storia evolutiva di un particolare popolo nel suo far fronte alla disponibilità di piante e animali commestibili, alle malattie più frequenti, alla siccità, alle epidemie. Si tratta in pratica di studiare come il cibo riflette l’interazione tra la diversità biologica e culturale.
Quando un cibo è abbandonato da una comunità, vuoi per un processo di assimilazione vuoi per l’allontanarsi dalla propria patria nativa, si verifica un certo grado di perdita culturale. Per evitare tutto questo dobbiamo capire perché le tradizioni culinarie etniche sono importanti.
I nostri antenati svilupparono le loro tradizioni di conoscenza ecologica per discernere il cibo gustoso e nutriente da quello tossico. Questo li aiutò a selezionare quanto era commestibile dalla smisurata varietà di flora e fauna alla loro portata e di conseguenza incoraggiò la differenziazione culturale, con l’emergere di foraggiamento e tradizioni di coltivazione che collocarono varie etnie su traiettorie evolutive molto diverse. E’ probabile che alcuni composti secondari presenti nel cibo essenziale e nelle erbe culinarie abbiano indotto delle mutazioni in alcune popolazioni, e che alcuni di questi cambiamenti genetici abbiano avuto come conseguenza un successo differenziale di sopravvivenza e riproduzione fra gli individui di una popolazione. In pratica la selezione naturale e altri processi evolutivi mediati dalle scelte alimentari abbiano giocato un ruolo importante nel generare sia la diversità genetica umana sia quella culturale trasmessa oralmente.
Leggendo uno strumento utile come l’Online Mendelian Inheritance in Man, si scopre come alcuni cibi abbiano interagito con un particolare insieme di geni nel corso dell’evoluzione umana provocando varie malattie, la maggior parte delle quali sono il risultato dell’influenza da fattori ambientali e genetici. Sono non meno di 26 su 16 cromosomi che interagiscono con fattori ambientali quali il cibo e le bevande caratteristiche di alcune diete radicate in particolari luoghi del mondo. Molti di questi assumono varie forme , ognuna delle quali interagisce con le sostanze chimiche alimentari in modi leggermente differenti. In alcuni casi, la combinazione di un particolare gene e la presenza di un particolare cibo in una dieta può proteggere i membri di un’etnia da una malattia infettiva o nutrizionale, ma in altri, una specifica interazione gene-cibo può portare alla morte. Ma in fondo si può dire chiamare disordine qualcosa che ci protegge da malattie come per esempio la malaria?
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=8ZQoCxjDRAI&feature=related[/youtube]
Gary Paul Nabhan sostiene, in merito, che alcune malattie, spesso catalogate come disordini genetici altro non sono che specifici adattamenti ambientali che accrescono la nostra idoneità (fitness) a certi ambiti o a certe diete. Gli studiosi che considerano l’interazione gene-cibo come un adattamento in certi contesti e come in disordine in altri lavorano nel campo dell’ecogenetica nutrizionale, oggi più semplicemente definita nutrigenomica.
Gli esseri umani non condividono tutti gli stessi geni, né apprezzano lo stesso cibo ed uno dei modi per rilevare questa diversità la ritroviamo nel linguaggio, se ad ogni etnia associamo la lingua da questa parlata (un censimento ne riporta circa 6500) noteremo come ognuno di questi gruppi linguistici ha un modo differente di parlare del cibo, della sua raccolta e della sua preparazione, e possiede un diverso vocabolario per descrivere la propria identità culturale in relazione al cibo preferito. La diversità genetica umana interagisce con le diverse tradizioni culturali alimentari; le cucine etniche hanno radicate basi ecologiche, e traiettorie evolutive di grandissimo significato per lo stato di salute dei loro consumatori. Gli studiosi che riflettono su queste questioni si definiscono gastronomi darwiniani o gastronomi evolutivi perchè riconoscono che alcune interazioni gene-cibo sono emerse a seguito di processi evolutivi che hanno portato a cambiamenti genetici percepibili nelle etnie in 1500 anni o meno.
Per farci un’idea di come tutto ciò abbia a che fare con la nostra salute basta dare un’occhiata alla tabella delle interazioni gene-cibo associate all’albero genealogico umano. la nostra storia genetica e culinaria celebra le nostre differenze, dando loro un senso e un modello a cui tornare.
3 Replies to "Gastronomia darwiniana"
Tweets that mention Gastronomia darwiniana | Evoluzione Culturale -- Topsy.com 19 Settembre 2010 (19:19)
[…] This post was mentioned on Twitter by Lucia Galasso, Lucia Galasso. Lucia Galasso said: Gastronomia darwiniana – http://www.evoluzioneculturale.it/2010/09/19/gastronomia-darwiniana/ […]
Daniela di SenzaPanna 9 Ottobre 2010 (6:55)
Discorso interessante, di sicuro da approfondire
Vorrei capire meglio come il cibo interagisce con i geni, credo favorendo o inibendo malattie, quindi non direttamente ma indirettamente sulla selezione naturale.
Non credo (ma approfondirò) che possa indurre direttamente delle mutazioni, ma ammetto la mia ignoranza e mi documenterò.
Bell’articolo, pieno di spunti.
RedWolf 6 Novembre 2010 (9:25)
Le mutazioni possono avvenire casualmente oppure essere indotte da “sostanze” presenti nell’ambiente (detti “agenti mutageni”). Dunque l’interazione con le molecole presenti nel cibo può effettivamente portare a mutazione, anche se più spesso queste molecole influiscono sulla regolazione dell’espressione genica, più che provocare una vera e propria mutazione. In genere, la sostanza ingerita attiva mutazioni già presenti e che fino a quel momento sono rimaste silenti, cioè non attive, o attive in parte, come nel favismo il caso del favismo. In soldoni, ciò che intende Nabhan è che un certo cibo può aver favorito il portatore di un determinato assetto genico, perchè l’interazione tra certe molecole di un cibo e i suoi geni hanno prodotti risultati positivi o più positivi rispetto ad altri membri della popolazione, dando a quell’individuo possibilità di sopravvivere maggiori (fitness, espressa nella prole).
Chiaramente, se nel corso del tempo quel cibo si afferma come di uso comune, saranno favoriti gli individui che riescono a metabolizzarlo meglio, o che comunque ne traggono più vantaggio. LO stesso farà la loro prole e quindi, alla fine, la popolazione sarà “adattata” a quel particolare cibo. Il discorso è tagliato con l’accetta, ma spero di aver reso l’idea.