Nel mio precedente post sul significato del cibo etnico, ho brevemente sottolineato quanto sia erroneo pensare che una sola dieta vada bene per ogni etnia. Il legame tra genetica, tradizioni e cibo che mangiamo si allineano perfettamente l’uno all’altro, in maniera che la salute del corpo, della collettività e dell’ambiente vengono a coincidere.
Gary Nabhan non si è inventato nulla quando ha scritto che
“[…] Quando dei cibi sono abbandonati da una comunità, che sia per un processo di assimilazione o per l’essersi allontanati dalla patria di elezione, si verifica un certo grado di perdita culturale e di salute. Ecco perché le tradizioni culinarie etniche sono importanti”.
Nonostante questo, a ben vedere, anche se vi sono altre cucine tradizionali del mondo che possono ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari e metaboliche, è la dieta mediterranea venire nominata più spesso.
Ho riflettuto spesso su questo stato delle cose, eppure molti esperti di nutrizione, e studiosi di varie discipline affini, sostengono che per chi vive in contesti urbani e agricoli, anche lontani dal Mediterraneo, sia facile e salutare da adottare questa dieta, a prescindere che gli antenati (intesi qui come genetica) provengano o meno da questo particolare contesto territoriale.
In realtà va tenuto in considerazione un fattore sostanziale per noi “europei/mediterranei”; sebbene quasi tutte le etnie siano arrivate a soffrire a causa del cibo spazzatura negli ultimi cinquant’anni, i cambiamenti avvenuti nella società europea sono avvenuti, invece, nel corso di migliaia di anni. La costruzione genetica delle popolazioni europee è mutata lentamente e con l’emergere dei cambiamenti tecnologici e agricoli. Cosa che non hanno potuto fare tutte le popolazioni oggetto del colonialismo prima e del consumismo, dopo.
Un adattamento significativo alle nuove diete, ai nuovi cibi, attraverso i processi evolutivi, raramente avviene nel corso di due o tre generazioni. Questo tipo di consapevolezza e sensibilizzazione è sempre più presente all’interno degli studi antropologici e medici sull’alimentazione e la salute. Il riconoscimento culturale dei popoli indigeni sta andando oltre al riappropriarsi della propria identità culturale, facendosi portatore di benefici reali per queste popolazioni, anche iniziando dalla loro diversità dietetica.
Un esempio – nel campo della ristorazione – è il Basque Culinary World Prize. Premio istituito tre anni fa per sostenere e premiare lo chef che, meglio degli altri, è riuscito a dimostrare di avere un impatto positivo sulla società, con particolare attenzione nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’arte e la cultura indigena e la loro alimentazione. Ad aggiudicarsi il premio culinario è stato lo chef Jock Zonfrillo, utilizzando ingredienti e tecniche di cottura apprese dagli aborigeni australiani. L’ha fatto visitando centinaia di comunità indigene australiane, per comprendere le origini degli ingredienti e il loro significato culturale. Zonfrillo gestisce un ristorante di alto livello ad Adelaide; l’Orana (ha costituito anche una fondazione con lo stesso nome, che sta portando avanti un lavoro interessantissimo), e la sua vittoria, quest’anno, lo consacra come personaggio che ha dedicato il suo lavoro a progetti culinari per il loro valore sociale in termini di istruzione, ricerca, salute delle persone e dell’ambiente. Un premio, il suo, che dedica alla cultura aborigena perché
“I nativi australiani sono i veri cuochi e inventori del cibo locale e la loro esclusione dalla storia di questo paese, anche sotto il profilo alimentare è inaccettabile”
Tornando alla questione iniziale rimane l’idea che il nostro concetto di salute relativo ad un’alimentazione sana, esclude le altre culture… Ed è questo un problema che anche l’antropologia devi imparare a gestire.
Voi che ne pensate?
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2 Replies to "Quell'europeistico modo di intendere la dieta salutare"
sara 22 Ottobre 2018 (17:36)
Il tuo articolo offre interessanti spunti di riflessione; probabilmente risulta più facile proporre una dieta universalmente riconosciuta, come la dieta mediterranea, piuttosto che entrare più nello specifico?
Lucia Galasso 22 Ottobre 2018 (18:15)
Grazie Sara. Il problema, secondo me è che manca proprio informazione/formazione in merito (condita da un po’ di presunzione etnocentrica). La dieta mediterranea ha il vanto di essere stata una delle diete più studiate e pubblicizzate, proprio in America per debellare i problemi che avevano lì in fatto di malattie metaboliche & Co. Ma se dai a un cinese tutto l’olio d’oliva che usiamo noi (tanto per fare un esempio) lo uccidi….Questo vale per gli abitanti delle Isole Cook come ho scritto nel post precedente sull’obesità, e per tante altre popolazioni… Siamo meccanismi delicati, ma mi fa piacere che si inizi a parlare di questa problematica, perché l’orizzonte si fa sempre più multiculturale.