Spesso ho ascoltato persone chiedersi l’utilità di studi, convegni e rievocazioni storiche nel divulgare e replicare ricette o abitudini alimentari legate alla produzione, preparazione e consumo del cibo nel mondo antico. Mera nostalgia del tempo che fu, ma ormai anacronisticamente incapace di dare qualcosa al nostro presente alimentare?
Questo interrogativo mi è tornato in mente a pochi giorni, ormai, dell’inizio della nona edizione di Archeofest, dedicata al tema “Food is Culture”, con un focus sull’alimentazione dalla preistoria alla società contemporanea. Una riflessione necessaria da fare, visto che mi troverò a moderare e introdurre i lavori della seconda sessione del convegno “Alimentare la storia. Cibo, strutture sociali, ambienti e comunità: dal passato il futuro sostenibile”.
Riflettendo su come aprire i lavori della sessione del convegno intitolata “Prodotti e produzioni agroalimentari in epoca antica, paleonutrizione e ricostruzioni ambientali, marker economici, archeologia dei paesaggi” ho maturato l’idea che un evento sull’archeologia sperimentale dedicato al cibo, come Archeofest, possa essere considerato antiquato perchè le persone hanno la percezione che focalizzarsi su pratiche alimentari antiche in un contesto contemporaneo sia fuori luogo o poco rilevante per le esigenze moderne. Alcuni potrebbero ritenere che la sperimentazione di tecniche antiche non risponda direttamente alle sfide attuali del settore alimentare, come la produzione su larga scala, l’efficienza tecnologica e le richieste di mercato globali. Tuttavia, l’archeologia sperimentale offre preziose lezioni di sostenibilità, diversificazione e connessione culturale che sono più che mai attuali, specialmente in un’epoca in cui si cercano soluzioni sostenibili e radicate nella tradizione.
Gli eventi come Archeofest dimostrano che queste pratiche possono ispirare innovazioni e valorizzare il patrimonio culturale, trasformando una conoscenza storica in un asset contemporaneo.
Bene, ma concretamente come l’archeologia sperimentale del cibo può ispirare soluzioni contemporanee e valorizzare il patrimonio culturale? In realtà molte sono le problematiche che solleva e può risolvere:
1. Sostenibilità alimentare: studiando antiche tecniche di coltivazione e conservazione degli alimenti, come la rotazione delle colture o l’uso di piante autoctone, si possono sviluppare pratiche agricole sostenibili che riducono l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici.
2. Valorizzazione del territorio: ripristinando varietà antiche di frutti o cereali, si promuove la biodiversità e si crea un prodotto unico che può essere commercializzato come patrimonio locale, attirando turismo e creando mercati di nicchia.
3. Innovazione culinaria: tecniche di cottura e preparazione antiche, come la fermentazione o la cottura in forno di argilla, possono essere reintrodotte per creare nuovi prodotti alimentari che rispondono alle tendenze attuali di autenticità e tradizione.
4. Educazione e consapevolezza culturale: l’archeologia sperimentale permette di organizzare laboratori e attività educative che coinvolgono il pubblico nella preparazione di alimenti antichi, creando consapevolezza sull’importanza del patrimonio alimentare e sulle connessioni storiche con la dieta moderna.
5. Marketing e Storytelling: Le aziende possono utilizzare storie autentiche legate a ricette o ingredienti antichi per differenziare i loro prodotti, creando un legame emotivo con i consumatori e rafforzando il valore del brand.
Questi esempi mostrano come l’archeologia sperimentale non sia affatto anacronistica, ma al contrario, possa fornire soluzioni innovative e rilevanti per le sfide alimentari e culturali contemporanee.
Andando ancora di più nello specifico ecco alcuni esempi concreti di come l’archeologia sperimentale dedicata all’alimentazione possa ispirare soluzioni contemporanee:
1. Recupero di varietà antiche: ad esempio, il progetto ArcheoVino ha recuperato antiche varietà di vite etrusca, producendo vini con tecniche storiche e promuovendoli come prodotti unici legati al territorio. Questo non solo valorizza il patrimonio culturale, ma sostiene l’agricoltura locale e il turismo enogastronomico.
2. Panificazione tradizionale: alcuni panifici hanno riscoperto tecniche di lievitazione e cottura utilizzate nell’antichità, come il pane cotto su pietra o in forni di argilla, o addirittura studiando reperti archeologici di pani preistorici (come ho scritto nel mio libro) creando prodotti che si distinguono sul mercato per il legame storico con il territorio, autenticità e qualità artigianale.
3. Ristorazione tematica: ristoranti “archeologici” propongono menù basati su ricette antiche, offrendo ai clienti un’esperienza culinaria unica che mescola storia e gusto contemporaneo, e dimostrando il potenziale commerciale del cibo sperimentale.
4. Conservazione degli alimenti: l’uso di tecniche di conservazione antiche come l’essiccazione al sole o la fermentazione è stato reintrodotto da aziende alimentari che cercano metodi naturali per preservare i cibi senza additivi chimici, rispondendo alla crescente domanda di alimenti salutari e sostenibili.
5. Educazione nelle scuole: programmi didattici che includono attività di archeologia sperimentale, come la macinazione del grano con macine di pietra o la preparazione di pietanze antiche, vengono utilizzati per educare i ragazzi sul patrimonio alimentare e sull’importanza di una dieta sostenibile, con impatti positivi sulla consapevolezza alimentare.
La ricchezza degli esempi riportati non può che aprirci nuove prospettive non solo di studio, ma anche di potenzialità che vanno espresse e sperimentate. Ben venga quindi il contributo di eventi come Archeofest…. vi aspetto per parlarne insieme!
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